Non molti giorni fa Winemeridian ricordava come dall’altra parte del mondo, nella “terra dei canguri”, ci sia una questione tutta aperta tra Prosecco italiano e Prosecco australiano.
Primo dato: secondo Matt Jenkins e Wine Intelligence, gli sparkling importati sul mercato australiano sono in crescita continua e attraggono sempre più i consumatori tra i 18 e i 35 anni, fascia di età spesso aperta anche a novità quali i vini aromatizzati o a basso contenuto calorico e zuccherino. Secondo dato: gli australiani consumano più Prosecco locale rispetto a quello italiano.
Ma allora, di fronte a questa situazione, i nostri produttori devono preoccuparsi? Non del tutto. Come spesso capita nel mondo enoico, il vero valore aggiunto della produzione tricolore è la qualità. Nella stessa indagine di Jenkins e Wine Intelligence risulta infatti chiaro come in Australia il Prosecco italiano stia divenendo il preferito per tutte quelle circostanze formali o sofisticate nelle quali si voglia fare bella figura, mentre le bollicine locali continuino ad andare per la maggiore negli eventi informali grazie a un rapporto qualità/prezzo più conveniente.
In ultima analisi, viene da pensare che se il Prosecco è riuscito a fare breccia “nei bicchieri” australiani è altrettanto probabile che su quel mercato ci possa essere spazio per altri prodotti del Belpaese. Una sorta di apripista in grado di creare nuove nicchie di interesse o curiosità nelle quali il trademark qualitativo di alcune delle nostre migliori etichette potrebbe inserirsi, stabilizzarsi e, perché no, espandersi.
(fonte: http://www.winemeridian.com/news_it/i_vini_sparkling_visti_dall_australia_2780.html)