Enoturismo presente e futuro delle cantine italiane.
Vero o falso?
Ne parliamo in questa intervista a Donatella Cinelli Colombini, donna del vino, Cavaliere della Repubblica Italiana e già Presidente dell’Associazione Nazionale delle Donne del Vino.
Ma cos’è una destinazione enoturistica? Quali sono le tendenze dell’offerta? Chi sono gli enoturisti e come sono cambiati nel tempo?
Solo rispondendo a queste domande possiamo capire se per le cantine italiane è davvero possibile trasformare l’enoturismo nel proprio più grande e remunerativo canale commerciale, presente e futuro.
Chi è Donatella Cinelli Colombini
Donatella Cinelli Colombini è una delle più importanti “donne del vino” in Italia. Nel 1993 ha fondato il “Movimento turismo del vino” inventando “Cantine aperte”, giornata che in pochi anni ha portato al successo l’enoturismo in Italia. Oggi insegna turismo del vino nei Master post lauream di tre università. Dopo 14 anni di esperienza professionale nelle imprese di famiglia, nel 1998 ha creato la sua azienda composta dalla Fattoria del Colle a Trequanda e dal Casato Prime Donne a Montalcino. Nel 2003 ha vinto l’Oscar di miglior produttore italiano assegnato dall’AIS Bibenda e ha pubblicato il Manuale del turismo del vino seguito, nel 2007, dal libro Marketing del turismo del vino. Dal 2001 al 2011 è stata Assessore al turismo del Comune di Siena. Fra le sue realizzazioni il “trekking urbano”, una nuova tipologia di turismo sportivo che, da Siena, è stato esportato in tutta Italia. Nel 2012 ha ricevuto il Premio Internazionale Vinitaly. Nel 2014 è stata nominata Cavaliere della Repubblica Italiana. Dal 2013 al 2022 è stata Presidente del Consorzio del vino Orcia. Dal 2016 al 2022 ha tenuto la Presidenza dell’Associazione Nazionale delle Donne del Vino.
È possibile tracciare un identikit dell’enoturista-tipo nel 2023?
Mediamente giovane, con una prevalenza nella fascia di età 25-34 rispetto a quella 35-45. Inoltre, sono in crescita i turisti della cosiddetta Generazione Z, nati nel Terzo Millennio. I visitatori sono in maggioranza uomini, ma gli acquirenti per lo più donne. In generale amano l’attività outdoor come il biking, sono “smart” e quindi abituati al digital, soprattutto da cellulare, e prenotano velocemente attraverso app di ristorazione. Sono attenti alla “sostenibilità” e spesso buongustai gourmand. Sicuramente curiosi, cercano attività molteplici e non solo legate al vino. Anzi, non sono necessariamente appassionati di vino, ma abbastanza versatili da scegliere differenti attività.
E cosa cerca oggi l’enoturista?
Secondo i dati di Divinea Winesuite al 2021, diverse cose e molto precise: trekking nei vigneti con assaggi in punti panoramici, tasting abbinati a piatti tipici, tour con degustazione personalizzata con la presenza dell’enologo oppure del produttore, degustazione classica, pic-nic in vigna, esperienze romantiche, smart tasting con spedizione del vino e assaggio guidato online, esperienze giocose che coinvolgano i bambini, ma anche esperienze sportive o in compagnia dei cani.
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Ma qual è la realtà attuale delle cantine italiane? Sono pronte a far fronte alle domande urgenti del mercato?
No, non tutte. In Italia le cantine turistiche sono spesso percepite come troppo uguali fra loro. Secondo il Rapporto 2020 di Roberta Garibaldi, fra le proposte enogastronomiche dei tour operator l’83% è incentrato sulla visita in cantina, ma il 61% dei visitatori trova l’esperienza piuttosto ripetitiva. Questo porta ad una crescita del desiderio di visitare altri luoghi dello stesso territorio come birrifici, cioccolaterie, distillerie, caseifici ecc.
Secondo un’indagine Divinea Winesuite del 2022, inoltre, l’offerta di esperienze si concentra durante i giorni feriali: il 98% delle proposte sono prenotabili da lunedì a venerdì, il 78% nel weekend, il 50% il sabato. I mesi di alta stagione enoturistica vanno da maggio a ottobre con punte in agosto. Nell’11% dei casi, si evince infine che le cantine rifiutano le prenotazioni.
Va riconosciuto tuttavia che, in 30 anni, siamo passati dalle 25 cantine visitabili alle 25-30.000 cantine aperte al pubblico nel 2022 di cui 8.000 circa attrezzate per la wine hospitality. Nel solo 2019 sono state conteggiate 15 milioni di visite in cantina per un business complessivo di circa 2,5 miliardi di euro.
Quali possono essere i punti chiave del cambiamento?
Per rispondere a questa domanda possono tornarci utili i dati pubblicati da Unwto Global Conference on Wine Tourism 2022, secondo i quali i turisti vedono il vino come testimonianza di cultura e tradizione. Sette su dieci scelgono le esperienze in base alla sostenibilità ambientale e sociale e c’è un desiderio crescente di spazi aperti e di “nature bathing”, cioè immersione nella natura.
Grazie alla nascita degli hub enogastronomici, poi, i musei dell’enogastronomia oggi riescono ad attrarre il 60% delle ricerche degli italiani. Gli hub enogastronomici sono spazi poli-funzionali che possono favorire la scoperta del territorio e, al contempo, mettere in rete i produttori garantendo loro visibilità e facilitando l’arrivo dei turisti. Chi li cerca li vede come una prima tappa, quasi “obbligatoria”, di un percorso di scoperta del territorio e del suo patrimonio enogastronomico.
L’esempio italiano forse più importante è il Museo del Brunello per il quale sono stati fatti investimenti fino a 1,5 milioni di euro. Altri esempi sono Brolio, Florio e Antinori. All’estero sono celebri le Cité des Climats et vins de Bourgogne come Beaune, Macon, Chablis.
Inoltre, è essenziale una pianificazione strategica da parte degli enti pubblici e privati coinvolti per:
- preservare il patrimonio attraverso il turismo;
- sviluppare l’offerta, innovandola ed arricchendola;
- fare rete, per integrare prodotti e servizi turistici, connettere aree urbane e rurali;
- comunicare e promuovere, accrescendo l’attrattività e l’accessibilità dell’offerta italiana nel mondo.
Quali consigli per rendere una wine destination/cantina diversa dalle altre?
Intanto mettersi in testa che è finita l’era del “sono come tu mi vuoi”: oggi è il tempo del “ti voglio come sei”. Sicuramente è bene evitare i “non luoghi” del vino privi di personalità e puntare su quello che ha valore per il produttore e la sua storia e un messaggio da veicolare.
E poi bisogna ragionare sui prezzi delle esperienze, osando forse anche di più con un’offerta più varia. Oggi in Italia una visita con degustazione costa mediamente 15-25 euro, mentre negli Usa è circa 25 dollari di prezzo medio. Da citarsi, ad esempio, la categoria “luxury wine” come la Wine Hospitality Ultra Premium americana, che arriva ad offrire esperienze tailor made fino a 500 dollari.
C’è poi il grande tema della sostenibilità che è sempre più centrale oggi: bisogna essere sostenibili a 360 gradi, apparire tali e soprattutto saperlo comunicare.
Infine, l’innovazione è fondamentale: bisogna indicizzarsi, geo-referenziarsi, dialogare con i clienti, creare un club, mostrarsi sui social e diversificare la percezione dell’offerta usando la tecnologia.
Quanto è importante l’aspetto tecnologico/digitale per le prenotazioni?
Essenziale. Spesso l’enoturista prenota il giorno prima o quando è sul posto e in generale 2/3 degli enoturisti preferiscono prenotare e pagare online. Secondo i dati Divinea Winesuite 2023, in Italia le piccole cantine sono le meno “organizzate”: il 53% non propone l’enoturismo sul proprio sito, il 21% presenta le esperienze che propone ma non le vende online, il 19% ha un form di richiesta, il 7% consente di prenotare e/o pagare. Tra le cantine più organizzate per la wine hospitality, l’87% chiede il pagamento in azienda. Le prenotazioni arrivano da passaparola, OTA, content marketing, mentre il 55,6% dall’aumento della pubblicità digitale.
Enoturismo presente e futuro delle cantine italiane. Vero o falso? È possibile fare business con l’enoturista?
Sì, ma bisogna prima comprenderne i comportamenti e le abitudini d’acquisto, in modo da sfruttare al meglio il primo contatto del turista con l’azienda, che può essere la visita in cantina, per poi utilizzare tutti i canali che la tecnologia oggi mette a disposizione, a partire dagli e-commerce.
I dati Nomisma Wine Monitor 2022 dicono che il fatturato della vendita diretta in cantina, rispetto al totale del business della cantina stessa, è il 14% per le piccole imprese, 7% su media nazionale e 6% nelle grandi imprese.
Prima del lockdown il 29% degli italiani aveva acquistato online dai siti di una cantina, nel 2021 la quota è salita al 36%. In un articolo dello scorso 18 marzo su “Italia a tavola” Vincenzo D’Antonio scrive che solo il 10% delle cantine ha un e-commerce. C’è insomma un evidente ritardo rispetto alle opportunità offerte dal digitale.
Infine, ci sono i wine club. Dal “Report Enoturismo e vendite direct to consumer 2022” di Divinea sappiamo che il 17,3% delle cantine italiane ha un wine club e il 75% pensa di attivarlo. Se ben organizzati, i wine club possono essere un efficace strumento di fidelizzazione dei propri acquirenti.